Negli scorsi giorni la prestigiosa rivista dell’Accademia Americana di Dermatologia JAAD ha pubblicato una curiosa analisi riguardo i post di Twitter relativi alla psoriasi. Stando ai dati raccolti, i pazienti si rivolgerebbero spesso ai social media per condividere le proprie esperienze e reperire informazioni sulla malattia. Tutto ciò considerato, viene da chiedersi: quanto sono affidabili le informazioni relative alla malattia che circolano sui social? Esplorare le intuizioni pubblicate dai pazienti può offrire punti di vista unici e permettere di studiare le loro preoccupazioni. Sarebbe utile quindi che i medici fossero maggiormente presenti sui social? Twitter è già stato utilizzato con successo per indagare una vasta gamma di condizioni dermatologiche, ma è la prima volta che viene utilizzato per la psoriasi.

I dermatologi e Twitter

I ricercatori della scuola di medicina dell’università del Colorado, in America, hanno identificato 574 account Twitter: 116 appartenenti a pazienti e 458 a non pazienti. I professionisti dell’assistenza sanitaria, stando a questa indagine, sarebbero relativamente poco presenti sul social e del tutto assenti in 25 stati americani. In particolare, meno di un terzo di questi operatori sanitari sarebbero dermatologi. Maggiormente presenti sono risultate, invece, le aziende commerciali della salute che si occupano di cure alternative non supportate da studi clinici validati. Su Twitter, addirittura il 68,1% delle discussioni inerenti alla cura della psoriasi sarebbero avviate proprio da queste aziende. Un dato, questo, che potrebbe diventare indicativo per quelle aziende farmaceutiche e sanitarie che ancora non investono su questo tipo di comunicazione.

Quali informazioni cercano i pazienti?

Fra i tweet pubblicati dai pazienti, è risultato prevalente l’interesse per l’advocacy, per le tematiche inerenti il supporto reciproco e le campagne di comunicazione. I tweet delle associazioni pazienti affetti da psoriasi, invece, sono più spesso orientati a sensibilizzare rispetto alla consapevolezza della malattia, contro lo stigma e l’isolamento sociale.

Ma l’attività non si è limitata a questo. Molti pazienti hanno messo in moto campagne rivolte ai rappresentanti politici ai fini di migliorare l’accesso alle cure. Alcuni hanno usato la piattaforma per fare domande e condividere opinioni sulle diverse opzioni terapeutiche disponibili. Tanti si sono rivolti domande l’un l’altro, sebbene molte di esse siano rimaste senza risposta.

Tutti questi dati, insomma, stanno ad indicare un bisogno insoddisfatto: quello di informazioni attendibili. I dermatologi potrebbero cogliere questo bisogno e costruire o migliorare la loro presenza online per offrire ai pazienti supporto e formazione.

Qui trovi il sito dell’Associazione italiana Pazienti Psoriasici, Amici della Fondazione Corazza

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