La molecola che riduce la replicazione del virus HIV

La notizia è di pochi giorni fa. Un singolo trattamento intravaginale con uno specifico neuropeptide seguito dall’inserimento in vagina del virus HIV-1 si è mostrato in grado di limitare la replicazione del virus ed i relativi danni all’organismo. L’esperimento, condotto al momento su esemplari di topo femmina, sembra promettere svolte significative nella ricerca su questa malattia.

Grazie alle numerose campagne di prevenzione e alle indicazioni sull’uso del preservativo durante i rapporti sessuali, l’incidenza di nuove diagnosi di HIV è in continua diminuzione. (Fonte: ISS)

La molecola protegge i globuli bianchi dal virus

Una delle conseguenze più importanti innescate dal virus HIV è la riduzione delle cellule CD4,  globuli bianchi fondamentali per la difesa dell’organismo dalle infezioni. Il grande potere del neuropeptide CGRP sarebbe proprio preservare la quantità di tali cellule, dunque salvaguardare la difesa dell’organismo in cui il virus è entrato.

Il CGRP, vasodilatatore legato al Gene della Calcitonina (CGRP), è anche un componente essenziale del dialogo neuro-immunitario tra nocicettori e cellule immunitarie della mucosa. Del resto, la trasmissione del virus HIV-1 avviene normalmente attraverso le cellule di Langherans, presenti in abbondanza proprio nelle mucose genitali maschili e femminili.

Questo studio, in sostanza, dimostra che l’attivazione del recettore CGRP permetterebbe un’efficiente inibizione della trasmissione del virus HIV-1. In particolare il CGRP agisce riducendo la replicazione del virus ed i danni da questo causati.

Sarà utile per prevenire la trasmissione del HIV?

Questi risultati suggeriscono che le formulazioni contenenti CGRP o composti analoghi ottimizzati potrebbero essere sfruttate con grandi risultati per la prevenzione dell’HIV-1. Oltre al CGRP è, per esempio, in fase di studio un’altra molecola che pare sia in grado di bloccare completamente il legame fra le Cellule di Langherans e i linfociti T. La molecola si chiama SAX ed è stata studiata su espianti di tessuto del prepuzio interno umano dopo inoculazione del virus HIV-1.

Se buone notizie arrivano da questi studi, ne occorrono di nuovi per comprendere appieno l‘utilità clinica di questi composti, le modalità per il loro utilizzo e i benefici che potremmo ottenere nella prevenzione della trasmissione del virus dell’immunodeficienza umana.

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