Il Patient Engagement promuove la sicurezza dell’ assistenza. È questo il tema della Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente 2023, celebrata oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Perchè promuovere il coinvolgimento attivo dei pazienti? Ce lo spiega una professionista del settore: “Una delle difficoltà che sperimento coi dottori, è provare a far capire loro che conoscere ogni cosa riguardo una malattia, non significa conoscere cosa significa vivere con quella malattia.”  Paola Kruger.

La sanità partecipata

Ad oggi le aziende sanitarie si impegnano per recepire le opinioni dei pazienti, ma questo risulta scarsamente efficace perché il paziente esprime un parere senza conoscere l’organizzazione del servizio. Il Patient Engagement è una metodica che prevede il contributo dei pazienti in tutte le fasi del processo di cura: nella stesura dei protocolli di ricerca, nell’organizzazione dei servizi sanitari, e in molti altri ambiti come i tavoli di lavoro istituzionali.

Le esperienze internazionali ci portano a ritenere che i pazienti esperti e le Associazioni di Pazienti rappresentano una risorsa preziosa da integrare nel sistema sanitario. L’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) garantisce il coinvolgimento dei pazienti nei propri organi di gestione e L’ Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) ha, da alcuni anni, aperto un tavolo permanente per i pazienti secondo le linee guida del Documento in materia di Governance farmaceutica. In sostanza i pazienti entreranno in pianta stabile all’interno dell’Agenzia italiana del farmaco per migliorare la consultazione con le associazioni dei pazienti all’interno dell’iniziativa Open Aifa.

Patient Engagement

La prospettiva del Patient Engagement è quella di una salute pubblica inclusiva, che fonda le sue radici sul dialogo fra i diversi stakeholders. Per la buona riuscita di un progetto d’impresa è necessario il coinvolgimento di tutte le risorse, allo stesso modo per il successo del processo di cura è necessario il coinvolgimento di tutte le risorse ed il paziente è destinatario delle cure ma anche risorsa da coinvolgere e valorizzare.

I pazienti esperti certificati

I “Pazienti Esperti” sono l’ideale. Oltre all’esperienza specifica della malattia, hanno le conoscenze tecniche in ricerca e sviluppo del farmaco. Andrebbero coinvolti ad esempio nei progetti di ricerca fin dalle prime fasi e nei comitati etici, come nei processi di valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA). L’accademia Europea dei Pazienti sull’Innovazione Terapeutica (EUPATI) ed il Centro PATIENT ADVOCACY LAB dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si stanno occupando di formare i pazienti per renderli ‘Esperti’. Il paziente Esperto è una persona preparata e consapevole che supporta il professionista sanitario ed il ricercatore con la sua esperienza diretta di malattia, come paziente o caregiver.

I rappresentanti delle organizzazioni

I rappresentanti delle organizzazioni di pazienti, o Patient Advocate, sono persone incaricate di esprimere le opinioni collettive di un gruppo di pazienti su una specifica malattia o gruppo di malattie ed hanno l’esperienza nel supportare una comunità di pazienti. E’ importante coinvolgerli nell’organizzazione dell’assistenza, ad esempio attraverso le consulte dei pazienti e nella stesura dei Piani Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA).

Mettere in atto l’engagement

Un paziente esperto ha una sua area di expertise e lavora in due modalità principali: offrire supporto ai pazienti per l’aderenza alle cure e garantire loro informazioni affidabili per poter affrontare la vita quotidiana con la propria malattia. IL Paziente Esperto può inoltre supportare l’attività di ricerca clinica, ad esempio nel reclutamento dei pazienti, nella stesura e spiegazione del consenso informato. I pazienti esperti possono anche offrire un prezioso contributo nella determinazione dei criteri di raccolta dati e nell’identificazione delle priorità all’interno di una certa linea di ricerca.

Misurare l’efficacia dei progetti

Molte aziende sanitarie italiane mettono in atto iniziative e progetti di engagement, tuttavia sono poche quelle che adottano metodi certificati per misurarne l’efficacia. E’ necessario quindi fare un decisivo passo avanti verso innovazione e partecipazione in sanità. Per promuovere il Patient Engagement, potremmo cominciare da tre iniziative:

  1. Misurare quanto un progetto di assistenza o ricerca sia centrato sul paziente.
  2. Rilevare, con metodo, gli esiti riferiti dai pazienti (Patient Reported Outcomes)
  3. Progettare tutte le iniziative di cura in collaborazione con i pazienti.

Esiste un divario fra la ricerca clinica, l’assistenza sanitaria ed i bisogni insoddisfatti dei pazienti. Ed io credo fortemente che il Patient Engagement possa colmare questo vuoto.

Carola Pulvirenti

L’avvento dei social network, e l’incremento dell’utilizzo di internet da parte dei consumatori, ha rivoluzionato la comunicazione in sanità. Si tratta di una rivoluzione che parte dal basso: a cominciare dalle abitudini dei pazienti nell’approccio con la propria sintomatologia e la ricerca di possibili soluzioni. Si rende quindi necessario un cambiamento sostanziale delle modalità di comunicazione, soprattutto da parte degli operatori sanitari e farmaceutici. Hermes University, Università Popolare di Terza Missione, ha deciso quest’anno di investire in un corso di alta formazione dedicato a questo tema. Si tratta del primo corso italiano per Community Engagement Consultant in Health Assessment (CEC). Abbiamo intervistato il Dottor Giuseppe Tanga, Segretario Generale Hermes University, esperto di economia aziendale e Amministratore Delegato presso la CDG Law & Business, società di public affairs & lobbying.

La comunicazione nel nuovo millennio 

Dottor Giuseppe Tanga

Dottor Tanga, come descriverebbe i pazienti del nuovo millennio?

I pazienti sono divenuti proattivi nell’approccio alla salute, tanto da vagliare su internet le informazioni utili per poter scegliere a chi rivolgersi o quale prodotto utilizzare. Sono inoltre organizzati in community, più o meno strutturate.

E i professionisti della salute come sono cambiati?

Ugualmente i professionisti sanitari, gli ospedali, le istituzioni, le aziende sanitarie e farmaceutiche sono presenti a tutti gli effetti su più canali: social network, forum, blog, piattaforme specializzate. Tuttavia questa presenza non è sempre gestita al meglio: spesso ci si affida a società di comunicazione che non hanno competenze in ambito sanitario e questo crea delle criticità nella relazione con gli utenti.

Associazioni pazienti, gruppi e community

Una community è un gruppo di persone, legate da interessi comuni, che desidera influenzare aziende e istituzioni per soddisfare le proprie richieste. Spesso le community nascono in modo spontaneo e non contengono, al loro interno, professionisti in grado di comunicare con un linguaggio tecnico e adottare strategie efficaci. In ambito sanitario questo si ripercuote tanto sull’identificazione degli obiettivi, quanto sui tempi per il raggiungimento dei risultati.

Che valore hanno le community nel contesto farmaceutico e sanitario?

Le community rappresentano oggi un mezzo utile per incontrare utenti accomunati da un medesimo interesse, offrendo la possibilità di un confronto ed un aggiornamento costante. Tramite le community, infatti, è possibile monitorare continuamente le esigenze dei pazienti e dei consumatori calibrando costantemente l’offerta rispetto alle reazioni dei fruitori finali.”

In che modo le community di pazienti possono persuadere i loro interlocutori?

“Il Community Engagement Consultant è la risposta a questa domanda, un professionista formato per gestire il confronto che consente di oltrepassare la tradizionale relazione di cura. Se i professionisti del settore acquisiranno le competenze del Community Engagement Consultant, aziende farmaceutiche, le strutture sanitarie, e studi medici potranno ottimizzare il loro servizio, rendendolo maggiormente appropriato e personalizzato. Migliorando così la soddisfazione degli utenti e la reputazione dei loro brand.”

Community engagement e medicina partecipata

Dunque, se parliamo del contesto sanitario, il Community Engagement Consultant è un professionista con competenze scientifiche, che raccogliere informazioni e le condivide, creando consenso e facilitando la partecipazione dei cittadini ai processi di salute. Dalla ricerca e sviluppo del farmaco, fino ai protocolli di cura redatti dalle aziende sanitarie, il CEC si adopera per il coinvolgimento delle comunità di pazienti e operatori.

Nuova figura professionale poco conosciuta in Italia

Questa professione è già presente da alcuni anni nei principali Stati anglosassoni, e in tutto il mondo vi sono società che si occupano esclusivamente di community engagement consulting in ambito sanitario. Se la medicina partecipata è un processo già avviato in Italia, il Community Engagement Consultant è la figura necessaria per portare avanti questo processo presto e bene.”

Carola Pulvirenti

Persone con malattie rare, disabili e fragili intervistati dal Istituto Superiore di Sanità

Disabili e malati rari hanno grande bisogno dello sviluppo di tecnologie a loro sostegno. Tuttavia molti di essi hanno difficoltà nell’accesso a strumenti digitali e innovativi. Per programmare interventi su comunicazione e assistenza digitale, è necessario capire quali sono le reali criticità in questo ambito. Per questo il Centro Nazionale Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica ha avviato una raccolta dati, in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Il contesto, in cui è stata condotta l’indagine, era quello della situazione pandemica (da settembre a novembre 2020), che ha costretto la popolazione intera all’isolamento domiciliare e al distanziamento fisico e sociale.

Capire per programmare gli interventi

Nel momento in cui si pensa di aiutare le persone disabili o con malattie rare, il primo passo è quello di dare loro ascolto. Difatti qualunque progetto di salute e assistenza, parte da un’analisi del contesto nel quale si vuole intervenire. Per questo motivo, l’Istituto Superiore di Sanità ha proposto un sondaggio elettronico alle persone con malattie rare e disabilità di vario tipo. Gli obiettivi dell’indagine erano i seguenti:

  • Verificare il concreto utilizzo delle tecnologie, ad oggi disponibili, a supporto delle persone fragili nella loro vita quotidiana.
  • Rilevare la reale accessibilità e fruibilità delle tecnologie da parte delle “persone fragili”, e dei loro caregiver, evidenziandone le carenze e le difficoltà di utilizzo.
  • Individuare e suggerire possibili soluzioni e azioni, utili a migliorare la qualità della vita nella fase post emergenziale.

Saper utilizzare la tecnologia

L’indagine ha permesso di comprendere le principali problematiche riscontrate, nell’ ambito comunicazione e digitale, dai cittadini fragili e dalle loro famiglie. Fra queste vi è senza dubbio una generale difficoltà nell’ utilizzo e/o nell’ accesso alle tecnologie specialistiche per cura o riabilitazione. I pazienti riferiscono di ricevere scarso supporto informatico da remoto, con criticità per la continuità assistenziale. Difatti è emerso che,  in molti casi, gli strumenti tecnologici, forniti in dotazione a domicilio, non sono stati facilmente fruibili o adeguati alle esigenze. E questo ha causato, in oltre la metà dei soggetti rispondenti, un aggravamento delle condizioni di salute (55%). Inoltre, solo il 23,7% dei caregiver o familiari si è avvalso di App per la vigilanza sanitaria e farmacologica.

La formazione è indispensabile

E’ emerso quindi un forte desiderio di ricevere la formazione adeguata per accedere alle tecnologie e utilizzarle in modo appropriato. Difatti solo il 9,29 % dei rispondenti al questionario ha usufruito di tecnologie di riabilitazione e/o di supporto terapeutico in remoto, e di questi il 31 % ha riscontrato problemi e difficoltà nell’utilizzo effettivo dello strumento. Eppure il 56%, di quelli che non ne hanno avuto possibilità, ha espresso un forte desiderio di poter accedere a strumenti di supporto digitale. Tali strumenti hanno infatti rappresentato un salvagente che ha tutelato i disabili durante il primo anno di emergenza sanitaria.

Quali priorità per comunicazione e assistenza digitale

Da questi dati preliminari, si evince dunque la necessità di implementare piattaforme e strumenti tecnologici innovativi, ma anche di prevedere percorsi formativi a professionisti, alle persone fragili e ai loro familiari/caregiver. E’ necessario inoltre garantire servizi di supporto informatico costante ed un monitoraggio della salute generale, incluso il benessere psicologico di tutta la famiglia. Difatti la presenza in famiglia di una persona non autosufficiente necessita di sostegno e organizzazione, necessari per evitare e diagnosticare precocemente i frequenti casi di burnout dei familiari e caregiver. Nel sondaggio citato è emersa, in modo chiaro, la volontà di pazienti e caregiver di essere coinvolti e formati sulle nuove tecnologie, che rappresentano un grande potenziale per migliorare la qualità di vita non solo della persona fragile, ma di tutta la famiglia.

Carola Pulvirenti