L’odissea delle diagnosi

Ottenere una diagnosi corretta e tempestiva di una malattia rara può rivelarsi, per ragioni immaginabili, più difficile che in altri casi. Se è vero che i dati sulle diagnosi sbagliate non parlano solo di malati rari, sono soprattutto questi ultimi i protagonisti della tragica odissea delle diagnosi. Tra l’altro, è bene considerare che tra i malati rari c’è un’altissima percentuale di persone che soffrono di malattie non diagnosticabili e che ricevono diagnosi errate proprio perché loro patologia viene facilmente confusa con altre.

La popolosa comunità dei pazienti rari include un altissimo numero di persone costrette ad attendere anni prima di  ricevere il giusto trattamento. Alcuni malati rari convivono per mesi, anni o in molti casi persino l’intera vita con una patologia senza sapere di cosa si tratti. Ottenere una diagnosi corretta, insomma, per loro può tradursi in un’impresa lunga e difficile. Per questo oggi abbiamo deciso di soffermare la nostra attenzione sulla loro esperienza.

Le implicazioni

Una o più diagnosi errate non si traducono solo in lunghe attese e inutili indagini. Spesso i malati ricevono trattamenti inappropriati e costosi da cui derivano frustrazione e sforzi economici. Tutto questo dicasi per non entrare nel merito delle implicazioni emotive e psicologiche, risultato dell’ansia e dello stress a cui questa odissea espone costantemente.

Alcuni dati

Da un’indagine di Eurordis condotta su otto malattie rare relativamente comuni in Europa, è venuto fuori il dato allarmante che il 25% dei pazienti rari ha dovuto attendere da cinque a trent’anni per ottenere una diagnosi corretta. Non solo, durante lo stesso periodo di tempo, il 40% degli stessi pazienti aveva ricevuto una diagnosi errata.

Anche il team di Rare Barometer, dopo aver analizzato circa 3.900 risposte in 23 lingue e in 65 paesi in tutto il mondo, ha raccolto dati rilevanti sulla questione. I risultati suggeriscono che i pazienti affetti da una malattia rara vivono un’esperienza sanitaria di gran lunga peggiore rispetto ad altri pazienti, anche rispetto a quelli affetti da malattie croniche: su una scala da uno a cinque, chi ha partecipato all’indagine ha attributo una media di 2.5 alla sua esperienza sanitaria. Una valutazione insufficiente, insomma, che dovrebbe illuminare su quanto ancora c’è da fare per migliorare le cose.

Come migliorare la situazione?

L’obiettivo non è solo trovare un trattamento risolutivo o che migliori notevolmente la vita del paziente, ma trovarne uno che sia anche tempestivo. La tempestività diagnostica è, in sostanza, un elemento imprescindibile in questo processo. Non soltanto per la qualità della vita del paziente raro, ma in qualche caso anche per la sua sopravvivenza. Una buona politica sanitaria dovrebbe non solo offrire gli strumenti adeguati per offrire una diagnosi corretta, ma anche organizzare in team multidisciplinari il lavoro degli specialisti, ai fini di avvicinarli davvero a questi pazienti diversi e alle loro esigenze.

Tutto questo potrebbe fare una grandissima differenza.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento