Cinquemila persone ad un concerto, è accaduto a Barcellona in piena pandemia. Non si trattava di una folla di imprudenti ribelli alle restrizioni, ma di un esperimento scientifico condotto la scorsa primavera.

Un mega concerto in sicurezza

Erano 5000 perone non vaccinate in ambiente chiuso per sette ore. Il 27 marzo 2021, nello stadio Palau Sant Jordi a Barcellona, un team di 74 infermieri ha eseguito un test antigenico rapido a tutti i partecipanti. Tutti indossavano maschere filtranti di secondo livello, dunque non le mascherine chirurgiche che usiamo comunemente. I filtranti FFP 2 sono in grado di filtrare almeno il 94% delle particelle trasportate dall’aria. Indossandoli era permesso cantare e ballare, e non era richiesto alcun distanziamento fisico. Tutti i partecipanti si trovavano al piano centrale dello stadio, che era al completo, e raggruppati in 3 aree delimitate; le tribune dello stadio, con una capacità di 13 000 persone, non erano occupate. La ventilazione interna è stata ottimizzata per fornire 6 cambi d’aria completi (100%) all’ora.

L’occasione per fare 5000 tamponi

Dei 5000 individui, sottoposti a screening antigenico, sei sono risultati positivi e non sono stati autorizzati a partecipare al concerto, così come 2 dei loro contatti stretti, nonostante avessero test negativi. Nelle due settimane dopo il concerto, furono riscontrati sei casi di positività, tutti con sintomi lievi. Tre di loro si trovavano nella zona anteriore destra dello stadio e 3 nella zona anteriore sinistra. Fra questi sei, solo due risultarono essersi infettati durante il concerto, gli altri quattro si erano infettati nelle settimane successive all’evento. In particolare una donna, che ha partecipato all’evento, era risultata negativa allo screening pre-evento e poi di nuovo 48 ore dopo l’evento ma, 4 giorni dopo il concerto, la diagnosi di COVID-19 è stata confermata grazie ad un test più approfondito (PCR). Pertanto, presumibilmente ha partecipato all’evento durante il periodo di incubazione.

Bastano tre requisiti

I dati, presentati dai ricercatori di Barcellona, indicano che nessun evento di trasmissione degno di nota si è verificato durante il concerto. Questo esperimento ci suggerisce quindi che tre accortezze sarebbero sufficienti per garantire un ambiente sicuro, anche al chiuso, e con moltissime persone. I tre elementi chiave per partecipare ad un concerto in sicurezza sono dunque:

  1. Filtranti facciali di secondo livello (vedi foto)
  2. Screening antigenico rapido per tutti
  3. Sei ricambi d’aria ogni ora

Tuttavia, a nostro avviso, vi è un quarto requisito fondamentale, una variabile che, in una pandemia, risulta avere un ruolo cruciale: il comportamento degli individui. Le cinquemila persone coinvolte nell’esperimento hanno infatti mantenuto la mascherina FFP2 per ben cinque ore, tempo in cui hanno anche cantato e ballato. E’ dunque evidente che, per limitare il rischio di trasmissione di una malattia infettiva, il rispetto delle regole comportamentali è requisito principale ed indispensabile.

Prudenza e speranza

Gli scienziati sostengono che il tampone nasale antigenico (Ag-RDT) può essere adatto per escludere individui a rischio di trasmissione al momento del test, ma non per identificare tutti gli individui infetti. Questi risultati devono essere letti nel contesto di un caso di studio condotto in una comunità con bassi tassi di vaccinazione e un tasso di infezione moderato. Sarebbe interessante ripetere l’esperimento fra individui sottoposti a vaccinazioneQuesti studi rappresentano un passo fondamentale per la creazione di ambienti sicuri, non solo negli eventi musicali dal vivo, ma anche in altri eventi di massa al chiuso. Da un punto di vista strettamente sanitario, organizzare eventi come questo potrebbe risultare un’ottima occasione per sottoporre a test un gran numero di persone, permettendo l’individuazione precoce di persone infette che possono trasmettere il virus.

Carola Pulvirenti

Stadio Palau Sant Jordi a Barcellona

Stadio Palau Sant Jordi a Barcellona

 

Curare la persona, non la malattia

“Uno degli effetti più pericolosi su chi soffre di malattie croniche è considerarsi esclusivamente malati e mettere in secondo piano vissuti emotivi, qualità della vita, relazioni, abitudini.” Lo afferma la Prof. Silvia Battisti, psicologa psicoterapeuta dell’IRPPI, che abbiamo intervistato sul tema. Alla Battisti sta a cuore che si realizzi il fondamentale passaggio dalla gestione della malattia alla gestione della persona. Nel piano di assistenza domiciliare, ad esempio, sono già previste una serie di prestazioni che generalmente non includono la terapia psicologica; tuttavia, afferma la Battisti, “le reazioni alla malattia sono diverse per ogni individuo. Di fronte ad una diagnosi, il paziente è costretto a rivedere l’immagine che aveva di sé stesso/a proprio alla luce dei cambiamenti che la propria patologia gli/le ha provocato.”

Le malattie croniche sono purtroppo un fenomeno in crescita. Questo dato ha, infatti, indotto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a individuarle come ambito di intervento prioritario per la salute pubblica. La gestione delle persone con malattia cronica necessita di un modello assistenziale diverso da quello delle cosiddette malattie acute, perché prevede la presa in carico dei pazienti sul territorio e la loro assistenza per un lungo periodo.

L’approccio multi-modale

Afferma la stessa Battisti che “Lo stato psicologico di un malato cronico può influire in modo significativo sul decorso della malattia.” Nella gestione delle malattie croniche, dunque, la persona tutta va presa in carico, e sempre con un approccio multi-modale. Tutti gli aspetti della vita del paziente vanno indagati: biologici, psicologici e sociali.

Il potenziale dell’auto-cura

Cruciale è anche, in questo percorso, l’empowerment della persona malata. É fondamentale, nella malattia cronica, non solo guadagnare consapevolezza e individuare le proprie risorse interiori, ma – più praticamente – anche imparare ad utilizzare al meglio i servizi che il sistema sanitario mette a disposizione. Un paziente consapevole conosce e utilizza al meglio i servizi disponibili, è aggiornato, e capace di navigare autonomamente le informazioni. Non solo: un paziente “empowered” è coinvolto attivamente nel percorso di cura, e partecipa alla costruzione di percorsi personalizzati.

L’essenziale è invisibile agli occhi

Il principio chiave di un piano terapeutico completo è, dunque, innanzitutto, informare e sensibilizzare pazienti, familiari e operatori sanitari sull’importanza della prevenzione del disagio psicologico. Si tratta di offrire un supporto psicologico – sia ai pazienti che ai loro familiari – che sia parte integrante del percorso di cura.

Per i pazienti cronici è fondamentale imparare a riconoscere ed esprimere sentimenti ed emozioni, provocati dalla presenza della patologia”, prosegue la Battisti. E attraverso la psicoterapia è possibile alleviare la sofferenza psicologica,  gestire il disagio emotivo, favorendo così l’adattamento alle condizioni imposte dalla situazione di cronicità. “Con il supporto di un terapeuta, caregivers e familiari possono imparare a gestire il disagio e valutare le reazioni provocate dalla malattia,” spiega la dottoressa: “Mantenere o ristabilire l’equilibrio all’interno del nucleo familiare e favorire la comunicazione tra i suoi membri è un aspetto sociale dell’equilibrio salute”. Sostenere i familiari nella gestione della persona con malattia cronica è fondamentale per evitare di esaurire le energie fisiche e mentali del caregiver.

Carola Pulvirenti

Dopo la pandemia: il PNRR

L’innovazione del sistema sanitario è fra le priorità del Governo. Quando è sopraggiunta la pandemia di Covid-19, era già chiara la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale. Questa circostanza, insieme alla crisi economica sopraggiunta, ha dunque spinto il Governo a formulare una risposta concreta che riguardasse anche la salute.

La missione Salute del PNRR

Si tratta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un programma che identifica riforme e priorità di investimento ai fini di mettere in moto la ripresa in ambiti vari, inclusa la salute. La missione “Salute” del PNRR, quella che ci interessa più da vicino, è finalizzata proprio ad allineare i servizi ai bisogni di cura dei pazienti. Un primo obiettivo della missione è quello di rafforzare le prestazioni erogate sul territorio incluse l’assistenza domiciliare, la telemedicina e l’integrazione fra i servizi socio-sanitari. Ne abbiamo parlato nel precedente articolo: “Curarsi a casa: la sanità del futuro.”

Innovazione, ricerca, digitalizzazione del SSN

Il secondo grande obiettivo della Missione Salute riguarda l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. Il senso è sviluppare una sanità pubblica che valorizzi gli investimenti in termini di risorse umane, digitali, strutturali, strumentali e tecnologiche; rafforzare la ricerca scientifica in ambito biomedico e sanitario; potenziare e innovare la struttura tecnologica e digitale del SSN a livello Centrale e Regionale, garantendo una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati.

Raccolta dati, analisi e condivisione

Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)

Anche il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) svolgerà funzioni di grande importanza. Per esempio, esso opererà come punto di accesso per le persone e pazienti per la fruizione di servizi essenziali forniti dal SSN. Contenendo informazioni sulla storia clinica del paziente, esso funzionerà, poi, come base dati per i professionisti sanitari. E sarà utilizzato dalle ASL per effettuare analisi di dati clinici e migliorare così la prestazione dei servizi sanitari, adattandola ai bisogni di salute della popolazione afferente.

Il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS)

Si darà vita anche al Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) per il monitoraggio dei LEA e la programmazione di servizi di assistenza sanitaria alla popolazione che siano in linea con i bisogni, l’evoluzione della struttura demografica della popolazione, i trend e il quadro epidemiologico. Un più attento e completo monitoraggio dei bisogni sanitari può, infatti, trasformarsi in un utile strumento per la quantificazione e qualificazione dell’offerta sanitaria. Interessante, in questo senso, la creazione di una piattaforma nazionale dove domanda ed offerta di servizi di telemedicina forniti da soggetti accreditati possa incontrarsi.

Potenziamento della ricerca biomedica 

Fondamentale sarà anche il potenziamento della ricerca biomedica, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di risposta dei centri di eccellenza presenti in Italia nel settore delle patologie rare e favorendo il trasferimento tecnologico tra ricerca e imprese. Per i programmi di ricerca e i progetti nel campo delle malattie rare e dei tumori rari sono previsti due finanziamenti del valore di 0,05 miliardi ciascuno da erogare rispettivamente entro la fine del 2023 e la fine del 2025. 

Per il perseguimento di questi obiettivi si prevedono tre tipi di intervento: innanzitutto il finanziamento di progetti Proof of Concept (PoC) volti a ridurre il gap fra i risultati della ricerca scientifica e la loro applicazione per scopi industriali. Poi, il finanziamento di programmi di ricerca nel campo delle malattie rare e dei tumori rari. E infine il finanziamento per progetti di ricerca su malattie altamente invalidanti.

Garantire l’accesso al digitale

Per promuovere l’autonomia delle persone con disabilità, è necessario migliorare i servizi di assistenza sociale, anche attraverso il rifornimento dei dispositivi per l’informazione e la comunicazione tecnologica. A tal fine, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato fondi per la digitalizzazione e per il supporto formativo allo sviluppo di competenze digitali. Lo scopo di questo investimento è provare ad abbattere le barriere che ostacolano l’accesso al mercato del lavoro.

Nel dettaglio

Per le persone costrette in casa da disabilità, il PNRR prevede non solo corsi di formazione, ma anche strumentazione tecnologica. I giovani  potranno, così, più facilmente, accedere ad opportunità lavorative in smart-working. La riforma prevede anche l’implementazione sul territorio dei punti unici di accesso per le persone con disabilità quali strumenti per la valutazione multidimensionale. L’obiettivo è quello di realizzare i principi della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006. 800 milioni di finanziamenti arriveranno dalle risorse del nuovo fondo disabilità creato con la legge bilancio 2020.

Sostegno alle famiglie con anziani e bambini

La missione 5 del PNRR è dedicata ai temi di inclusione e coesione e prevede, fra le altre, una serie di decreti attuativi per la riforma del terzo settore. Sono previsti investimenti a sostegno dei servizi sociali, delle persone con disabilità e disagio sociale. Tra le finalità vi è quella di individuare i livelli essenziali delle prestazioni per gli anziani non autosufficienti. Prevista l’istituzione di punti unici di accesso socio-sanitario con accoglienza e valutazione multidisciplinare.

L’investimento si articola in tre obiettivi che dovranno perseguire le amministrazioni comunali:

1. Sostenere le capacità genitoriali e garantire supporto alle famiglie con bambini;

2. Promuovere l’autonomia degli anziani;

3. Rafforzare i servizi sociali a domicilio e la loro collaborazione con i servizi sanitari.

Co-housing: economia ed ecologia

300 milioni di euro verranno stanziati per il co-housing, con l’obiettivo di convertire le RSA in gruppi di appartamenti autonomi dotati delle attrezzature e dei servizi necessari. Condividere gli spazi comuni agevola la socializzazione, consente di risparmiare sui costi di gestione, e al contempo favorisce l’autonomia delle persone con disabilità. Il PNRR prevede, in un’ottica multidisciplinare, anche la digitalizzazione attraverso l’utilizzo di elementi di domotica, telemedicina e monitoraggio a distanza per aumentare l’efficacia dell’intervento. Previsti housing temporaneo e stazioni di posta per le persone senza fissa dimora. I comuni, per esempio, metteranno a disposizione appartamenti gratuiti fino a un periodo di 24 mesi; mentre le stazioni di posta offriranno accoglienza notturna limitata, servizi sanitari, ristorazione, orientamento al lavoro.

Carola Pulvirenti

Capacità di autoripararsi, riorganizzarsi, ricostruire

Una recente revisione della letteratura (Dantzer et al. 2019) mostra un importante rapporto tra una psiche più RESILIENTE e una immunità più forte. La resilienza, infatti è in altri termini la capacità di autoripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo.  Essere resilienti non significa infatti solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita.

Stress; fattori di rischio e fattori protettivi

La “resilienza è la capacità di gestire le situazioni difficili e non è una caratteristica che le persone hanno o non hanno, ma può essere appresa e sviluppata da tutti.” (American Psychological Association), Fonte D.Lazzari, presidente ordine nazionale psicologi 2020. Gli individui resilienti trovano il modo di fronteggiare lo stress, individuando nelle relazioni umane e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, elementi definiti fattori di protezione. Essi sono contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore. Tra i fattori di rischio, che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo i fattori emozionali, i fattori interpersonali, e i fattori familiari e di sviluppo. Esplorando i fattori protettivi, è possibile individuare cinque componenti che contribuiscono a sviluppare la resilienza (Cantoni, 2014).

I cinque passi verso la resilienza

Approccio positivo alla vita: non un generico ottimismo, ma quella disposizione a cogliere anche il lato buono delle cose, che promuove il benessere individuale e preserva dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologica. Questo modo di affrontare le situazioni di vita tende a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi (Seligman, 1996).

Autostima. Un altro importante aspetto è l’autostima. Avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui, cui si associa una quota maggiore di dolore e amarezza, aumentando la possibilità di sviluppare sintomi depressivi.

Forza. Il terzo aspetto è la Robustezza psicologica (Hardiness), la proattività, l’energia personale, a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei          cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.

Emozioni positive. Il quarto aspetto sono le emozioni positive, ovvero il focalizzarsi su quello che si possiede invece che su ciò che ci manca.

Supporto sociale. Un’altra componente cruciale della resilienza è il supporto sociale, definito come l’informazione, proveniente da altri, di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati. E’ importante sottolineare come la presenza di persone disponibili all’ascolto sia efficace poiché mobilita la narrazione dei propri accadimenti. Raccontare non è solo sfogarsi ma è ricostruire insieme ad un altro quel periodo della propria storia, arrivando ad una condivisione partecipata dell’accaduto.

Dott.ssa Silvia Battisti

Psicologa Psicoterapeuta

Istituto Romano di Psicoterapia Psicodinamica Integrata