Tilly: una straordinaria storia di luce

Comincia così questa straordinaria storia di luce. Era una notte di mezza estate e una luna piena splendeva sugli alberi di un folto bosco pervaso dall’odore di muschio umido. Il silenzio era rotto soltanto dal canto di qualche civetta. Sotto la chioma di una grande quercia, un gruppo di elfi si affollava attorno ad un ciclamino rosa, in attesa che sbocciasse. Quando il fiore si aprì, svelò il suo segreto: una piccola fata con gli occhi grandi e neri era appena nata. La bambina subito sorrise, ma gli elfi la fissarono con sguardo perplesso. La sua pelle paffuta non era rosea come quella di tutte le fate, ma giallastra. 

L’elfo Raul

Un elfo di dieci anni di nome Raul si avvicinò al ciclamino rosa, prese in braccio la bambina e disse: “Poiché brilla come il sole, la chiameremo Tilly, Scintilla”. Poi, per comprendere il significato di questo evento mai accaduto prima, la condusse dal grande gnomo saggio. Quando la vide, il grande gnomo le girò attorno e la scrutò attentamente prima di emettere il suo verdetto: “Questa fatina è malata e in tutto il bosco non c’è una pianta che potrà curarla, tuttavia ella non morirà se farete ciò che io vi dirò: tutte le notti dovrete farla dormire nuda sotto la luce bianca della luna piena”. Così poté continuare la straordinaria storia di luce di Tilly. 

L’amore

La fata crebbe bella e in salute, divenne una sedicenne solare ed estroversa e conobbe presto l’amore: Raul, un elfo silenzioso e timido che la amava da sempre. I due giovani, che amavano sognare e pensare in grande, desideravano di potersi un giorno sposare nel mondo degli umani, nei boschi verdi della Scozia. Oggi Tilly è una donna e si chiama Beatrice. Anche lei è nata con la pelle gialla. È lei la vera protagonista di questa straordinaria storia di luce.

La pelle di Tilly

Il colore della sua pelle è dovuto all’accumulo di una sostanza chiamata bilirubina, generalmente un segno che il fegato non funziona bene. Nel caso di Beatrice, questo insolito colorito è causato ad una malattia molto rara, la Sindrome di Crigler Najjar: per via di un difetto genetico, il fegato non riesce a svolgere al meglio le proprie funzioni. Nelle persone sane, il fegato si occupa di trasformare la bilirubina per renderla eliminabile dall’organismo; chi ha la Sindrome di Crigler Najjar, invece, a causa dell’assenza di un enzima, non riesce a smaltire la bilirubina, che accumulandosi può provocare gravi danni, soprattutto al sistema nervoso. 

La luce, una speranza

Non ci sono cure per questa malattia. In passato la maggior parte dei bambini veniva sottoposta a trapianto di fegato. Una speranza arriva, oggi, dalla terapia genica, una tecnica innovativa ma ancora in fase sperimentale; c’è poi un altro sistema, di più facile accesso, che garantisce la sopravvivenza: dormire nudi sotto una lampada a raggi ultravioletti, per tutta la vita. La luce, infatti, permette all’organismo di trasformare la bilirubina in un composto eliminabile. 

I veri protagonisti e un dono meraviglioso

I veri protagonisti di questa storia si chiamano Paolo e Beatrice. Oggi vivono in Emilia Romagna e si sono sposati ad Edimburgo. È stato un matrimonio da favola il loro e altre meravigliose notizie li attendevano. I due innamorati desideravano avere un bambino, ma in tutta Italia nessuna donna con la Sindrome di Crigler Najjar aveva mai avuto un figlio. L’accumulo di bilirubina, purtroppo, finisce per causare anche intossicazione del feto. Si sarebbe trattato di una grande sfida per i due futuri genitori che però non si arrendevano all’idea di rinunciare al loro sogno. Il fervido desiderio ha, dunque, fatto nascere un’idea: Beatrice avrebbe dormito su una rete elastica, con una lampada sotto di sé ed una sopra, senza coperte, né materasso, in modo da far arrivare quanta più luce possibile sulla sua pelle. Nove mesi così sono stati difficili, ma alla fine è nato un bambino perfettamente sano. Una straordinaria storia di luce.

 

Beatrice oggi

La gioia per questo dono meraviglioso e per nulla scontato è stata immensa ed ha vanificato tutte le fatiche, al punto che un anno e mezzo dopo, di dono ne è arrivato un altro. Beatrice è oggi la donna italiana più longeva con la Sindrome di Crigler Najjar. È diventata biotecnologa ricercatrice ed è parte del comitato scientifico dell’Associazione Crigler Najjar Italia Malati Iperbilirubinemici. Il ricercatore, sostiene Beatrice, è un ottimista che gioisce dei pochi risultati per far fronte ai numerosi insuccessi. Il bello del suo lavoro, però, non è la meta, ma il percorso. Beatrice ama le sfide e le affronta insieme a Paolo, con quel pizzico di incoscienza che da sempre li contraddistingue.

Paolo e Beatrice dormono da sempre nello stesso letto, in compagnia della lampada a raggi ultravioletti. Paolo racconta che lui la lampada di Beatrice la accende comunque, anche quando lei dorme fuori casa: ora quella luce azzurra è diventata parte della sua vita.

Questo racconto di medicina narrativa è stato pubblicato su Il Bugiardino, mensile di Medicina e Medical Humanities.

 

L’incredibile metamorfosi di Anna

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Anna si trovò trasformata in un enorme pesce con le squame. Sdraiata sulle lenzuola, sentì la pelle bruciare e tirare come fosse secca e ferita. Si guardò allo specchio e si accorse della sua incredibile metamorfosi. Sulle prime credette di dormire ancora, ma poi realizzò che quel dolore era reale.

Un giorno dopo l’altro, Anna andava abituandosi al nuovo sembiante, supportata da una mamma e un papà che la amavano moltissimo. All’età di cinque anni, non faceva più caso al suo corpo deforme, e si era quasi convinta di essere una bambina come le altre e non una pesce. 

Il primo giorno di scuola

Il primo giorno di scuola Anna era piena di entusiasmo e non vedeva l’ora conoscere i suoi compagni. Al suono della campanella della ricreazione, sentì l’emozione invaderla forte al centro del petto. Frenata da un certa timidezza, però, rimase seduta al banco. Radunati in piccoli gruppi, i compagni parlavano con le mani davanti alla bocca e ogni tanto la guardavano ridacchiando.

Prima che Anna potesse accorgersene, Samuele, un bambino magro con i capelli arancioni e ricci, si diresse verso di lei, allungò la mano e le porse una caramella. Contenta di quel dono, Anna fece un gran sorriso, aprì la caramella e la mise in bocca, mentre i compagni le si radunarono attorno. La zuccherosa caramella, però, rivelò presto un sapore fortissimo e amaro. Anna ebbe voglia di vomitare, ma deglutì. Non voleva deludere i compagni, nonostante avesse inteso che erano stati loro ad ordire quello scherzo così antipatico: il dono di un aglio ricoperto di zucchero. Ciò che Anna non sapeva era che di scherzi spiacevoli ne avrebbe subiti ancora e ancora. 

Una decisione difficile

Per via delle continue vessazioni, la bimba crebbe sentendosi inadeguata e sgradevole, fino a quando a diciotto anni decise di togliersi la vita. Un giorno si chiuse in bagno e riempì la vasca. Dall’acqua era venuta e nell’acqua voleva tornare, per restarci per sempre. Con la testa diritta entrò in acqua e si sedette nella vasca. Mentre ripercorreva la propria vita, nella disperazione più profonda, si guardava con ribrezzo pancia, gambe, la pelle arrossata, le chiazze grigie, le grinze, le squame.

L’illuminazione

Fu proprio a quel punto, in quel momento che sembrava cosi definitivo e ultimo, che si accorse che qualcosa stava cambiando. La pelle, in acqua, sembrava disciogliersi e le squame pareva si staccassero. Un’illuminazione! Doveva strappare via tutta la pelle malata! Fu così che iniziò a grattarsi forte dappertutto: la pelle andava via, in effetti, anche se faceva male, malissimo. Però cosa importava? Anna era furiosa, voleva liberarsi del mostro e diventare finalmente una donna. 

Dopo due ore di martirio, Anna era stremata, ma si era calmata e non pensava più al suicidio. Quando si alzò in piedi, guardò dritto nello specchio e si vide riflessa: era una donna con la pelle normale. Davanti agli occhi, l’incredibile metamorfosi di Anna. Soffrendo di ittiosi, una rara malattia della pelle che – come suggerisce l’etimologia della parola – la rende simile a quella dei pesci, i medici le avevano sempre sconsigliato di fare il bagno. E invece proprio l’acqua l’aveva aiutata. Che scoperta sensazionale. Anna era salva, nel corpo e nell’anima. Dio solo sa quanto è vera questa storia che vi ho raccontato: la protagonista non si chiama Anna, ma ogni giorno fa il bagno per due ore grattando via dal suo corpo la pelle morta che, altrimenti, vi rimarrebbe attaccata.

Questo racconto di medicina narrativa è stato pubblicato su Il Bugiardino, mensile di Medicina e Medical Humanities.

Primo incontro promosso dall’associazione pazienti ANPPI 2021

Si è tenuto il 29 gennaio scorso il primo incontro 2021 dell’Associazione Nazionale Pemfigo Pemfigoide in collaborazione con LISCLEA, Associazione delle persone con Lichen Scleroatrofico. La cronicità nelle malattie dermatologiche rare è stato il tema cruciale dell’evento, fortemente voluto e organizzato dalla Dottoressa Silvia Battisti, psicoterapeuta IRPPI e coordinatrice di progetto ANPPI.

L’arrivo della pandemia

Giuseppe Formato, presidente ANPPI, ha descritto come si è modificata la richiesta di supporto nel periodo della pandemia. In precedenza le persone si rivolgevano all’associazione per conoscere i centri di riferimento, ottenere informazioni riguardo i loro diritti e incontrare altre persone con la stessa patologia. Nel duemilaventi invece, i volontari ANPPI si sono trovati di fronte a situazioni gravi, che necessitavano di visita dermatologica urgente o ricovero. Persone che avevano difficoltà nell’accesso alle cure a causa della necessaria riduzione dell’offerta assistenziale.

Cronicità ed emozioni

“Le nostre reazioni emotive sono una risorsa”, lo ha affermato la Dottoressa Silvia Battisti che, durante la sua relazione, ha descritto alcune delle reazioni emotive che emergono di fronte alla malattia. Ne è un esempio la paura che si avverte nel rapporto con un “corpo nuovo che non funziona come prima”. Emerge la paura di aver perso qualcosa. Tuttavia, spiega la Battisti, non si tratta di una perdita ma di un evento che va integrato nella nostra vita. La paura stessa è una risorsa, un punto di partenza, così come l’ansia è un elemento difensivo e protettivo che va ascoltato. La terapeuta sottolinea che tutti questi aspetti emotivi si possono raccogliere e valorizzare negli incontri di gruppo, come quelli che abbiamo realizzato con l’associazione. I gruppi di supporto permettono di condividere e co-costruire con gli altri la propria esperienza. Apprendere nuovi modi per vedere la realtà. Favorire l’adattamento alle nuove condizioni imposte dalla situazione di cronicità e l’accettazione della stessa. Le emozioni sono quindi una risorsa che dobbiamo mettere in campo per affrontare il cambiamento che la malattia porta con sé.

Cosa significa essere malato cronico

“La malattia cronica è una patologia per la quale non vi sono cure definitive” spiega il Dottor Roberto Maglie, coordinatore del Comitato Scientifico ANPPI. Il dermatologo spiega che molte malattie dermatologiche sono croniche e recidivanti ovvero alternano periodi in cui la malattia si manifesta a periodi in cui è silente. Molte persone, con malattia rara, si chiedono se essere affetti da una malattia cronica significa doversi sentire sempre malati. Il Dottor Maglie risponde di no, perché molte malattie dermatologiche croniche hanno lunghi periodi di remissione ed i pazienti non hanno motivo di temere il ritorno improvviso della malattia. Difatti il dermatologo possiede degli strumenti che gli permettono gestire la cronicità, nelle malattie dermatologiche rare è infatti possibile preevedere le recidive. Un altro dubbio che affligge i malati cronici è se vi sarà mai una guarigione. Maglie risponde con l’ottimismo tipico dei ricercatori: “Ci auguriamo che negli anni arrivino terapie definitive per molte malattie rare, perché la ricerca scientifica fa progressi!” 

Essere cronici è una risorsa

“Durante questa pandemia, in Lisclea è emerso che il malato raro cronico ha delle risorse in più rispetto agli altri”. Lo afferma la Presidente LISCLEA che spiega come  la persona con malattia cronica ha una sua disciplina nella salute e una migliore capacità di reagire alla malattia, perché già abituato ad essa. In quest’ottica quindi la cronicità appare come una risorsa per le persone con malattie dermatologiche rare.

“Il lichen in Italia è considerata malattia rara, ma non è così nel resto del mondo”. Da questa affermazione di Muriel Rouffaneau capiamo quanto sia importante la raccolta dati epidemiologici e la capacità del dermatologo di fare diagnosi. La Presidente LISCLEA ci racconta che spesso chi soffre di Lichen non ne parla, c’è un profondo senso di vergogna che interferisce molto nei rapporti interpersonali e nell’intimità. Una persona con malattia cronica, come il lichen, deve occuparsi di sè sempre, dedicando del tempo ai controlli periodici e alla cura della propria pelle, forse è anche questo il segreto del migliore approccio alle situazioni di emergenza, come la pandemia.

Cronicità in dermatologia

“Le malattie dermatologiche croniche presentano delle criticità specifiche” ha spiegato Carola Pulvirenti, Vicepresidente ANPPI. Fra le difficoltà, vi è la prescrizione di una terapia composta da compresse, pomate, unguenti e colliri. Una terapia come questa è frequente in dermatologia, e non è facile da gestire per il paziente ed il suo caregiver familiare, difatti non di rado le persone abbandonano la terapia. In questo contesto, risulta fondamentale il ruolo dell’infermiere di famiglia che garantisce supporto nel lungo periodo. La vicepresidente ha spiegato poi che, a Marzo 2020, il Sistema Sanitario ha dovuto concentrare le risorse per la cura delle persone con Covid, ma adesso la situazione si è protratta, pertanto è necessario riorganizzare le risorse perché le persone con malattie croniche non possono più aspettare.

Dubbi e domande delle persone con Lichen e Pemfigo 

A conclusione dell’interessante webinar, i professionisti hanno dato risposta alle numerose domande pervenute durante la diretta. Una persona ha chiesto ad esempio se il Lichen può essere provocato da farmaci antipertensivi. Altri dubbi vertevano su temi come il ruolo dei virus nelle malattie autoimmuni e l’influenza dello stress sulle stesse. Tutte le risposte, a queste e altre domande, si trovano nella registrazione realizzata dall’ufficio stampa ANPPI.

Carola Pulvirenti

Vicepresidente ANPPI

 

La mia esperienza con le malattie rare

Febbraio è il mese delle malattie rare. La parola “rare” porta a credere che il fenomeno interessi solo una ristretta collettività. Sarà bene, invece, precisare che “rari” non significa “pochi” e neppure “soli.” Stando ai dati di Eurordis, l’organizzazione europea per le malattie rare, il numero totale di persone affette da queste patologie supererebbe i 300 milioni di persone. La cifra eguaglia quella della popolazione del terzo Paese più grande del mondo! Si tratta, insomma, di una comunità ben più popolosa di quanto si possa credere.

La storia di Carola, e del suo incontro con una malata rara, è indicativa della distanza che spesso corre tra il paziente e chi deve fronteggiare le sue richieste. Carola non era mai entrata in contatto con patologie di questo tipo, fino al giorno in cui si è ritrovata di fronte ad una donna, sua zia, costretta a letto da una malattia rara fortemente invalidante.

Per le particolari caratteristiche di queste patologie, è bene che l’attenzione rispetto alle stesse e alle loro implicazioni sia mantenuta vigile e costante. Le motivazioni sono varie e tutte strettamente concatenate fra loro. Le conoscenze scientifiche nel settore non sono sempre adeguate. I pazienti solo di rado entrano in contatto con professionisti competenti che forniscano loro diagnosi corrette e cure adeguate. Tutto questo senza considerare che il malato raro è estremamente vulnerabile sotto diversi punti di vista, non ultimo quello psicologico.

La sensibilizzazione è vitale per provare a migliorare tutti questi aspetti.

Per la maggior parte di queste malattie ancora oggi non è disponibile una cura efficace, ma alcuni trattamenti appropriati hanno migliorato la qualità della vita di moltissimi pazienti. I notevoli progressi ottenuti sono la dimostrazione che intensificare gli sforzi nella ricerca e nella solidarietà sociale porta buoni frutti.

Informazione e comunicazione, inutile dirlo, rivestono un ruolo cruciale in questo settore ancora non ben esplorato. Carola, che dal 2018 è vicepresidente proprio di un’associazione di malati rari (ANPPI), ha deciso di mettersi in ascolto di queste persone, creando rete pazienti, caregivers e professionisti. Oggi dedica tempo e risorse allo studio dell’advocacy, del Patient Engagement e della comunicazione in sanità.

Il 28 febbraio 2021 ricorre la Giornata Mondiale delle Malattie Rare o Rare Disease Day. Migliaia sono gli eventi organizzati in tutto il mondo per l’occasione e 103 le nazioni coinvolte. Il nostro augurio è che questa ricorrenza non passi inosservata e, invece, trovi canali di diffusione, diventi argomento di dibattito tra professionisti e non, e apra scenari di trasformazione concreta per il futuro. Portiamo un po’ di luce su questa strada un po’ fosca. Ce n’è bisogno.