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Nuove frontiere per la cura dell’epilessia


Davvero interessante l’articolo su epilessia e autoimmunità pubblicato, in questi giorni, sulla pres
tigiosa rivista Science immunology. L’epilessia, un disturbo neurologico causa di convulsioni e perdita di coscienza, può mettere seriamente in pericolo la persona che ne è affetta. La terapia di antiepilettici disponibile oggi pare, però, funzionare solo per un terzo dei pazienti. Molto promettenti sembrano, invece, i risultati ottenuti con gli anticorpi monoclonali, ormai ampiamente utilizzati in vari ambiti della medicina.

GABA-cadabra: non è magia ma ricerca scientifica

Alla base della pubblicazione di cui sopra – che gli scienziati entusiasti hanno intitolato GABA-cadabra – vi è la scoperta che le crisi epilettiche possono essere provocate da autoanticorpi del paziente.  Questi autoanticorpi prenderebbero di mira i canali ionici del cervello, ovvero le proteine che determinano l’attività elettrica di muscoli, cuore e cervello. L’epilessia è, in effetti, caratterizzata proprio da uno squilibrio di questa attività elettrica trasmessa attraverso tali canali.

L’obiettivo delle nuove terapie antiepilettiche è quello di potenziare il GABA, il principale neurotrasmettitore inibitorio del nostro cervello. Va detto, tuttavia, che se il paziente presenta anticorpi contro il GABA, questo potenziamento non ha ragione di esistere, a patto di utilizzare anticorpi monoclonali. A tal fine Kreye e i suoi colleghi hanno generato, dal liquido cerebrospinale di un paziente affetto da encefalite di tipo GABAAR resistente al GABA, cinque anticorpi monoclonali.

Epilessia e autoimmunità

Ci sono voluti anni di studio per comprendere il meccanismo autoimmune causa di alcune crisi epilettiche. Il paziente con encefalite resistente al GABA resosi disponibile al prelevamento del suo liquido cerebrospinale ha permesso ai ricercatori di progredire negli studi. Sono stati utilizzate sofisticate tecnologie, sia in provetta che in organismi viventi, per esempio topi o neuroni coltivati in laboratorio. Questa ricerca, condotta contemporaneamente in diverse nazioni del mondo, ha permesso di ampliare le frontiere per la cura di questo disturbo. Individuare gli autoanticorpi consente di effettuare una diagnosi definitiva e l’accesso ad una cura efficace. 

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